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Novità

Ultimo aggiornamento 27-Dic-2017 7:33 PM

       
   
 

 

T.A.R. Puglia Sentenza n. 871 del 15 aprile 2009

L’inquinamento acustico notturno nei centri abitati

di Gianluca ROZZA

Questa interessante sentenza del T.A.R. della Puglia pone l’attenzione sull’ormai diffusissimo problema dell’inquinamento acustico che colpisce i centri abitati anche nelle ore notturne. Accertato un potenziale pericolo per la salute, è legittimo il provvedimento con il quale si inibisce a ristoranti e locali notturni l’esercizio dell’attività.

La controversia ha coinvolto l’inquilino di un appartamento situato al primo piano di un condominio e i gestori di due ristoranti che si trovavano al piano terreno, immediatamente sotto la sua abitazione.
L’inquilino lamentava rumori provenienti dal piano sottostante, causati sia dalle voci degli avventori dei due esercizi, sia dalle cucine degli stessi.
Essendo impossibile la risoluzione del problema in via amichevole, a causa della scarsa collaborazione dei gestori dei locali in questione, il condomino decideva di depositare una richiesta di accertamento presso l’ARPA, la quale, nelle successive settimane, effettuava le misurazioni del caso.
Accertato il superamento dei limiti delle emissioni sonore, veniva emessa ordinanza con la quale il Sindaco disponeva di predisporre ed attuare, entro 30 giorni, un piano di bonifica redatto da un tecnico competente in acustica ambientale.
Spirato il termine dei trenta giorni, senza che i gestori dei locali avessero attuato gli interventi prescritti loro con l’ordinanza, il Sindaco emetteva una seconda ordinanza nella quale si inibiva l’attività dei due ristoranti in orario notturno, ossia dalle 22.00 alle 6.00, fino a che non si fosse provveduto alla bonifica acustica.

L’intervento del T.A.R. si è avuto nel momento in cui il Sindaco, con una terza ordinanza, revocava il precedente provvedimento che inibiva ai ristoratori l’esercizio dell’attività in determinate ore. Il condomino ricorreva al T.A.R. poiché i problemi di inquinamento acustico non erano stati risolti. Nel giudizio si costituivano anche le altre parti.
Il Tribunale giudicava fondato e accoglieva il ricorso, nonostante le emissioni sonore riconducibili ai due locali superassero i limiti di legge di solamente 3dBA.
Nelle motivazioni della sentenza il Collegio giudicante si sofferma sui poteri del Sindaco in materia di emissioni sonore, giudicando legittimo il suo intervento “allorché il disagio provocato agli abitanti di una residenza raggiunge un grado di intollerabilità, oggettivamente accertato, tale da assurgere a una forma di vero e proprio inquinamento acustico con danno alla salute delle persone.” In tale ipotesi, continuano le motivazioni, “deve riconoscersi al Sindaco il potere di intervenire con i mezzi eccezionali che l'ordinamento pone a sua disposizione che lo facoltizza a modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici per fronteggiare l'inquinamento acustico.”
Interessante è anche la potenziale pericolosità per la salute umana che in questa sentenza viene data all’inquinamento acustico.
Essendo stato accertato che, nel caso concreto, non era stato messo in atto nessun intervento volto a ridurre le emissioni sonore, che continuavano a risultare oltre i limiti di legge, il Collegio giudicante osserva che “appare sussistere un potenziale pericolo per la salute per parte ricorrente” e che “il "bene salute" deve costituire oggetto di tutela in via assolutamente primaria anche in applicazione di un ragionevole principio di precauzione”.
Di conseguenza l’ordinanza impugnata è stata giudicata illegittima e il ricorso è stato accolto.

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Chirurgia estetica, obbligo di informazioni complete sui farmaci

L’obbligo di informare il paziente sui rischi dei farmaci si fa più stringente in caso di chirurgia estetica: infatti, il medico non potrà limitarsi a fare il nome del prodotto da somministrate ma dovrà elencarne tutti i possibili effetti perché si tratta “di trattamenti non necessari se non superflui”.
Lo ha deciso la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 32423 del 1 agosto 2008, ha respinto il ricorso di un camice bianco. In particolare, si legge in sentenza, “il consenso informato non può ovviamente esaurirsi nella comunicazione del nome del prodotto che verrà somministrato o di generiche informazioni ma deve investire – soprattutto nel caso di trattamenti che non sono diretti a contrastare una patologia ma a finalità esclusivamente estetiche che si esauriscono dunque in trattamenti non necessari se non superflui – gli eventuali effetti negativi della somministrazione in modo che sia consentito al paziente di valutare congruamente il rapporto costi-benefici del trattamento e di mettere comunque in conto l’esistenza e la gravità delle conseguenze ipotizzabili”.
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“LA RISARCIBILITA’ DEL DANNO NON PATRIMONIALE CAUSATO DALL’ATTIVAZIONE DI UN SERVIZIO DI TELEFONIA NON RICHIESTO”

di Gianluca Rozza


La sentenza del Giudice di Pace di Catanzaro, del 25 luglio 2007, appare davvero interessante, in quanto riconosce il risarcimento del danno esistenziale a un cliente di una società di telefonia, a seguito del forte stress subìto per l’attivazione di un servizio non richiesto.

Invero, al primo impatto la vicenda non colpisce per la sua peculiarità, visto il sempre maggior numero di casi in cui gli utenti delle compagnie telefoniche si vedono attivare servizi a pagamento non richiesti.

Infatti, il caso affrontato dal giudice calabrese, riguarda il cliente di una compagnia telefonica che si vedeva attivare un servizio di preselezione automatica da parte di un gestore diverso da quello con il quale aveva stipulato il contratto per l’attivazione dell’utenza telefonica, con conseguente addebito dei costi per l’utilizzo dello stesso, senza che detto servizio fosse mai stato richiesto, né, tanto meno, fosse stata fatta alcuna comunicazione da parte della società fornitrice, anche semplicemente a titolo di informativa.

La cosa interessante è che, non solo, l’utente si ritrovava ad utilizzare un servizio mai richiesto, ma detto servizio (e qui la cosa si fa ancor più complicata) era già stato chiesto e attivato da parte della compagnia telefonica con la quale era stato stipulato il contratto.

In pratica, la società convenuta, oltre ad attivare un servizio per il quale non era stata fatta nessuna domanda, sostituiva il servizio di preselezione già utilizzato dall’utente con il suo gestore con il più costoso e identico servizio di propria fornitura.

Il Giudice di Pace di Catanzaro con questa sentenza compie un passo davvero importante nei confronti dei soprusi - poiché di questo si deve parlare - subìti dai consumatori, perché accogliendo la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale causato dal forte stress conseguente all’attivazione unilaterale di un servizio non voluto, ripaga l’utente delle frustrazioni subìte durante l’iter, complesso e infinito, per la disattivazione dello stesso e per il rimborso dei costi sostenuti e fornisce un precedente utile e, pertanto, un valido strumento per i consumatori, al fine di disincentivare le compagnie telefoniche ad approfittare della loro posizione contrattuale per imputare ai clienti costi per servizi non richiesti.

Nel caso di specie, il risarcimento del danno esistenziale in forza della violazione, da parte della compagnia telefonica, delle norme in materia di buona fede e correttezza che devono sussistere sia nella fase della trattativa che in quella di conclusione e di svolgimento di un rapporto contrattuale, è del tutto simbolico, tuttavia costituisce, come predetto, un piccolo passo per il consumatore, un grande passo per la giurisprudenza.

Sentenza del Giudice di Pace di Catanzaro, Sentenza del 25 luglio 2007, g.u. Lupinacci

 

Scheda carburante

La mancanza della firma del gestore dell'impianto di distribuzione sulla schede di carburante impedisce la detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di carburante per autotrazione. La previsione (art. 3, D.P.R. n. 444/1997) dell'apposizione della firma sulla scheda da parte dell'esercente l'impianto di distribuzione - avendo una funzione, definita dallo stesso legislatore, di "convalida" del rifornimento - costituisce elemento essenziale, in mancanza del quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge.
(sentenza della Corte di Cassazione del 19.10.2007, n. 21941)

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L'indigente che occupa una casa popolare non commette reato

Chi versa in uno stato di grave indigenza non commette reato se occupa abusivamente una casa popolare. Opera, in questi casi, la scriminante dello stato di necessità.

Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n.35580 del 26 settembre 2007.

 

Il mobbing non è reato
Il mobbing non è reato ma un illecito civile. Infatti il lavoratore può soltanto chiedere il risarcimento del danno o, al massimo, denunciare il capo per maltrattamenti.
Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 33624 del 29 agosto 2007, ha respinto il ricorso della Procura di Santa Maria Capua Vetere, presentato contro la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup nei confronti di un preside, denunciato da una professoressa per comportamenti mobbizzanti.

Assenza dal lavoro per malattia sempre da certificare
Chi manca per un solo giorno dal posto di lavoro deve portare il certificato medico se il datore glielo chiede. Ciò anche se la prassi aziendale non prevede nessun obbligo in questo senso. Altrimenti può essergli decurtata la paga.
Sentenza della corte di Cassazione n. 17898 del 22 agosto 2007.

 

 

 

APPALTI e COOPERATIVE EDILIZIE

Cooperative edilizie responsabili dei lavori appaltati .
Le cooperative edilizie sono responsabili dei lavori che hanno appaltato a una ditta di
costruzione se hanno partecipato alla realizzazione del progetto. Tale responsabilità
sussiste anche se manca il fine di lucro nell’assegnazione delle case ai soci.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16202 del 23 luglio
2007
, ha accolto il ricorso di un condominio.

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ASSICURAZIONI

 

Indennizzo diretto: pubblicato in Gazzetta il decreto D. P. R. 18 luglio 2006, n. 254 (G.U. n. 199 del 28-8-2006) Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni private.
Entra in vigore il 1 gennaio 2007.
Si applica ai sinistri verificatisi a partire d al 1° febbraio 2007.

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LAVORO

Un dipendente che reagisce in maniera violenta in seguito alle continue provocazioni dei colleghi non va licenziato. Lo ha stabilito la sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n.17956. Secondo la Corte la reazione era "conseguenza del rancore che era venuto accumulandosi a causa del continuo e irritante scherno".

Corte di Cassazione sez. Lavoro sentenza del 2.8.2006 n.17956

 

 

La Cassazione riconferma che il danno patrimoniale da uccisione di congiunto può essere liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c.

"Il danno patrimoniale da uccisione di congiunto, quale tipico danno-conseguenza che si proietta nel futuro, privo (come il danno morale ed il danno biologico) del carattere della patrimonialità, ben può, in ragione nella natura di tale danno e nella funzione di riparazione assolta mediante la dazione di una somma di denaro nel caso non reintegratrice di una diminuzione patrimoniale bensì compensativa di un pregiudizio non economico (v. Cass., 31/05/2003, n. 8827), essere - come nel caso - liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c. (v. Cass., Sez. Un., 24/03/2006, n. 6572), in considerazione dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti, le esigenze di questi ultimi, rimaste definitivamente compromesse (v. Cass., 31/05/2003, n. 8828; Cass., 07/11/2003, n. 16716; Cass., 29/09/2004, n. 19564; Cass., 15/07/2005, n. 15022; Cass., 20/10/2005, n. 20324)."

Corte di Cassazione 3 sez. civile sent. 12 giugno 2006, n.13546

 

 

Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali

Art. 1.

(Modifiche all’articolo 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285)

1. Il comma 2 dell’articolo 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è sostituito dai seguenti:

«2. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente è da quindici giorni a tre mesi. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della patente è fino a due anni. Nel caso di omicidio colposo la sospensione è fino a quattro anni.

2-bis. La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente fino a quattro anni è diminuita fino a un terzo nel caso di applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale».

Art. 2.

(Elevazione delle pene edittali per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime)

1. Il secondo comma dell’articolo 589 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a cinque anni».
2. Il terzo comma dell’articolo 590 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni».

Art. 3.

(Disposizioni processuali)

1. Alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile.

Art. 4.

(Abbreviazione dei termini per le indagini preliminari e per la fissazione della
data del giudizio)

1. Dopo il comma 2-bis dell’articolo 406 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta».
2. All’articolo 416 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«2-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all’articolo 589, secondo comma, del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari».
3. Dopo il comma 3 dell’articolo 429 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«3-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all’articolo 589, secondo comma, del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni».
4. Dopo il comma 1 dell’articolo 552 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall’articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall’articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto».

Art. 5.

(Liquidazione anticipata di somme in caso di incidenti stradali)

1. All’articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Qualora gli aventi diritto non si trovino nello stato di bisogno di cui al primo comma, il giudice civile o penale, su richiesta del danneggiato, sentite le parti, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, con ordinanza immediatamente esecutiva provvede all’assegnazione, a carico di una o più delle parti civilmente responsabili, di una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza».

Art. 6.

(Obblighi del condannato)

1. Dopo l’articolo 224 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 224-bis. - (Obblighi del condannato). – 1. Nel pronunciare sentenza di condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo commesso con violazione delle norme del presente codice, il giudice può disporre altresì la sanzione amministrativa accessoria del lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a un mese nè superiore a sei mesi. In caso di recidiva, ai sensi dell’articolo 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre mesi.
3. Le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della giustizia con proprio decreto d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
4. L’attività è svolta nell’ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali.
5. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.
6. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 56 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274».

 

CODICE DELLA STRADA

Il Dlgs 2.2.2006 n.40 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.38 del 15.2.2006) introduce una novità: le sentenze del giudice di pace in materia di contravvenzioni stradali o infrazioni amministrative sono appellabili in tribunale.

Dal 2 marzo 2006 non sarà più possibile ricorrere direttamente in cassazione contro le sentenze dei giudici di pace in materia di contravvenzioni stradali o infrazioni amministrative.

 

Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento*
(Testo approvato definitivamente il 14 febbraio 2006)


Art. 1.

1. L'articolo 593 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 593. (Casi di appello). - 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.
2. L'imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di proscioglimento nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, se la nuova prova è decisiva. Qualora il giudice, in via preliminare, non disponga la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale dichiara con ordinanza l'inammissibilità dell'appello. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento le parti possono proporre ricorso per cassazione anche contro la sentenza di primo grado.
3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda».

Art. 2.
1. All'articolo 443 del codice di procedura penale, al comma 1, le parole: «, quando l'appello tende ad ottenere una diversa formula» sono soppresse.

Art. 3.
1. All'articolo 405 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di
archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini».


Art. 4.
1. L'articolo 428 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 428. - (Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere). - 1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per cassazione:
a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale;
b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso.

2. La persona offesa può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606.
3. Sull'impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127».


Art. 5.
1. All'articolo 533 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza».


Art. 6.
1. Al comma 1 dell'articolo 576 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole: «, con il mezzo previsto per il pubblico ministero,» sono soppresse;
b) al secondo periodo, le parole: «Con lo stesso mezzo e negli stessi casi può» sono sostituite dalle seguenti: «La parte civile può altresì».


Art. 7.
1. L'articolo 580 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 580. - (Conversione del ricorso in appello). - 1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello».


Art. 8.
1. Al comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2.»;
b) la lettera e) è sostituita dalla seguente:
«e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame».


Art. 9.
1. L'articolo 577 del codice di procedura penale è abrogato.
2. All'articolo 36, comma l, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, le parole: «e contro le sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa» sono soppresse.


Art. 10.
1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima.
2. L'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall'imputato o dal pubblico ministero prima della entrata in vigore della presente legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile.
3. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di inammissibilità di cui al comma 2 può essere proposto ricorso in Cassazione contro le sentenze di primo grado.
4. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche nel caso in cui sia annullata, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione.
5. Nei limiti delle modificazioni apportate dall'articolo 8 della presente legge possono essere presentati i motivi di cui all'articolo 585, comma 4, del codice di procedura penale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.


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* Bozza provvisoria. Testo in attesa di essere pubblicato in Gazzetta

 

Patto di famiglia

Approvato in via definitiva, dalla commissione Giustizia del Senato in sede deliberante, il disegno di legge riguardante "Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia".

Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia
Art. 1.

1. Al primo periodo dell’articolo 458 del codice civile sono premesse le seguenti parole: «Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,».

Art. 2.

1. Al libro II, titolo IV, del codice civile, dopo l’articolo 768 è aggiunto il seguente capo:

«Capo V-bis.

DEL PATTO DI FAMIGLIA

Art. 768-bis. - (Nozione). – È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

Art. 768-ter. - (Forma). – A pena di nullità il contratto deve essere concluso per atto pubblico.
Art. 768-quater. - (Partecipazione). – Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.

Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura.
I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purchè vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti.
Quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione.

Art. 768-quinquies. - (Vizi del consenso). – Il patto può essere impugnato dai partecipanti ai sensi degli articoli 1427 e seguenti.

L’azione si prescrive nel termine di un anno.

Art. 768-sexies. - (Rapporti con i terzi). – All’apertura della successione dell’imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell’articolo 768-quater, aumentata degli interessi legali.

L’inosservanza delle disposizioni del primo comma costituisce motivo di impugnazione ai sensi dell’articolo 768-quinquies.

Art. 768-septies. - (Scioglimento). – Il contratto può essere sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il patto di famiglia nei modi seguenti:
1) mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo;

2) mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio.

Art. 768-octies. - (Controversie). – Le controversie derivanti dalle disposizioni di cui al presente capo sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».

 

 

 

Famiglia

Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli

Testo approvato (bozza provvisoria)

Art. 1.

(Modifiche al codice civile)

1. L’articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».

2. Dopo l’articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:
«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.
Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.

Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.

Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.

Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».

Art. 2.

(Modifiche al codice di procedura civile)

1. Dopo il terzo comma dell’articolo 708 del codice di procedura civile, è aggiunto il seguente:

«Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento».
2. Dopo l’articolo 709-bis del codice di procedura civile, è inserito il seguente:
«Art. 709-ter. - (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni) – Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore.

A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».

Art. 3.

(Disposizioni penali)

1. In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898.

Art. 4.

(Disposizioni finali)

1. Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge.

2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

Art. 5.

(Disposizione finanziaria)

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Novità 2005

 

La fine delle clausole vessatorie

Le clausole favorevoli al contraente battono quelle vessatorie, nei contratti di assicurazione conclusi con la sottoscrizione di moduli o formulari prestampati.
Quando in un contratto compaiono clausole dubbie, la prima regola da applicare, secondo la sentenza n.19140/0205, è quella dell’interpretazione contro l’autore della clausola (articolo 1370, Codice civile):

La sentenza n.19140/2005 della Corte di Cassazione recita: ”In tema di contratti conclusi mediante moduli o formulari, la presenza nel modulo dell’approvazione specifica di una clausola vessatoria, regolarmente sottoscritta, e nel contempo di una clausola di richiamo dell’operatività di condizioni particolari, indicate nel libretto accluso alla polizza (contenente sia le condizioni denominate generali che quelle denominate particolari), fra le quali ultime vi sia una clausola derogatoria di esclusione dell’operatività della previsione della clausola vessatoria compresa fra le condizioni generali, determina una situazione di contrasto fra due clausole che dà luogo ad una questione interpretativa che non può essere risolta affermando che la volontà contrattuale effettiva delle parti è stata quella di volere l’operatività della clausola vessatoria e non quella derogatoria di esclusione della sua operatività, per il fatto che la sua specifica approvazione della prima evidenzia una maggiore attenzione del contraente debole dell’atto di prestare il consenso, atteso che siffatto criterio interpretativo non risponde ad alcuno dei principi dettati per l’interpretazione dei contratti.".

 

 

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Sentenza della Corte Costituzionale sull'infrazione stradale (patente a punti), n. 27/2005

 

Per le nuove immatricolazioni non serve il notaio

Grazie all’entrata in vigore della legge sulla competitività e, secondo quanto afferma una circolare esplicativa dell’Aci, per i veicoli nuovi che rientrano nella procedura prevista dal cosiddetto sportello telematico dell’automobilista (Sta), la dichiarazione di vendita notarile sottoscritta dal venditore, può essere sostituita da una semplice domanda di registrazione senza necessità di autentica della firma. Alla certificazione notarile dovranno ricorrere per l'immatricolazione tutti gli altri veicoli che non sono gestiti con il sistema informatico Sta.
(Circolare Aci n 6501/P-DSD 16.05.2005).

   
 

NAUTICA


Il 15.9.2005 entra in vigore il nuovo Codice per i diportisti
Giovedì 15 settembre 2005 è entrato in vigore il nuovo Codice del diporto (decreto legislativo 171, 18 luglio 2005). Messo a punto dalla direzione generale della Navigazione marittima e interna del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il nuovo Codice unifica tutte le norme che si occupano del diporto nautico, garantendo per la materia di ordine tecnico e specialistico una flessibilità della normativa.
Tra le novità sono da ricordare la semplificazione dei procedimenti di pubblicità, di iscrizione e di rilascio delle targhe di prova e l’abolizione del certificato d’uso del motore.

 

Multe autovelox valide senza foto


Le multe per la violazione dei limiti di velocità sono valide anche nei casi in cui manchi la prova fotografica perché lo strumento elettronico che rileva la velocità non la produce.
È questo il principio posto dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n.16563 del 5.8.2005.
La sentenza ha annullato, con rinvio, una pronuncia del giudice di pace di Genova che aveva accolto l’opposizione avanzata da un automobilista contro il verbale di accertamento della violazione del limite di velocità privo, per inidoneità dell’autovelox utilizzato, del riscontro fotografico, giudicando nullo tale accertamento.
Per i giudici della Corte di Cassazione, invece, “le apparecchiature debitamente omologate costituiscono fonti di prova per l’accertamento dei limiti della velocità”.
I giudici della Corte di Cassazione ci ricordano anche che il verbale con cui viene rilevata l’inflazione fa fede fino a querela di falso; il che costituisce un privilegio dell’atto pubblico
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Scheda carburante

La mancanza della firma del gestore dell'impianto di distribuzione sulla schede di carburante impedisce la detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di carburante per autotrazione. La previsione (art. 3, D.P.R. n. 444/1997) dell'apposizione della firma sulla scheda da parte dell'esercente l'impianto di distribuzione - avendo una funzione, definita dallo stesso legislatore, di "convalida" del rifornimento - costituisce elemento essenziale, in mancanza del quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge.
(sentenza della Corte di Cassazione del 19.10.2007, n. 21941)

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L'indigente che occupa una casa popolare non commette reato

Chi versa in uno stato di grave indigenza non commette reato se occupa abusivamente una casa popolare. Opera, in questi casi, la scriminante dello stato di necessità.

Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n.35580 del 26 settembre 2007.

 

Il mobbing non è reato
Il mobbing non è reato ma un illecito civile. Infatti il lavoratore può soltanto chiedere il risarcimento del danno o, al massimo, denunciare il capo per maltrattamenti.
Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 33624 del 29 agosto 2007, ha respinto il ricorso della Procura di Santa Maria Capua Vetere, presentato contro la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup nei confronti di un preside, denunciato da una professoressa per comportamenti mobbizzanti.

Assenza dal lavoro per malattia sempre da certificare
Chi manca per un solo giorno dal posto di lavoro deve portare il certificato medico se il datore glielo chiede. Ciò anche se la prassi aziendale non prevede nessun obbligo in questo senso. Altrimenti può essergli decurtata la paga.
Sentenza della corte di Cassazione n. 17898 del 22 agosto 2007.

 

 

 

APPALTI e COOPERATIVE EDILIZIE

Cooperative edilizie responsabili dei lavori appaltati .
Le cooperative edilizie sono responsabili dei lavori che hanno appaltato a una ditta di
costruzione se hanno partecipato alla realizzazione del progetto. Tale responsabilità
sussiste anche se manca il fine di lucro nell’assegnazione delle case ai soci.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16202 del 23 luglio
2007
, ha accolto il ricorso di un condominio.

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ASSICURAZIONI

 

Indennizzo diretto: pubblicato in Gazzetta il decreto D. P. R. 18 luglio 2006, n. 254 (G.U. n. 199 del 28-8-2006) Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni private.
Entra in vigore il 1 gennaio 2007.
Si applica ai sinistri verificatisi a partire d al 1° febbraio 2007.

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LAVORO

Un dipendente che reagisce in maniera violenta in seguito alle continue provocazioni dei colleghi non va licenziato. Lo ha stabilito la sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n.17956. Secondo la Corte la reazione era "conseguenza del rancore che era venuto accumulandosi a causa del continuo e irritante scherno".

Corte di Cassazione sez. Lavoro sentenza del 2.8.2006 n.17956

 

 

La Cassazione riconferma che il danno patrimoniale da uccisione di congiunto può essere liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c.

"Il danno patrimoniale da uccisione di congiunto, quale tipico danno-conseguenza che si proietta nel futuro, privo (come il danno morale ed il danno biologico) del carattere della patrimonialità, ben può, in ragione nella natura di tale danno e nella funzione di riparazione assolta mediante la dazione di una somma di denaro nel caso non reintegratrice di una diminuzione patrimoniale bensì compensativa di un pregiudizio non economico (v. Cass., 31/05/2003, n. 8827), essere - come nel caso - liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c. (v. Cass., Sez. Un., 24/03/2006, n. 6572), in considerazione dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti, le esigenze di questi ultimi, rimaste definitivamente compromesse (v. Cass., 31/05/2003, n. 8828; Cass., 07/11/2003, n. 16716; Cass., 29/09/2004, n. 19564; Cass., 15/07/2005, n. 15022; Cass., 20/10/2005, n. 20324)."

Corte di Cassazione 3 sez. civile sent. 12 giugno 2006, n.13546

 

 

Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali

Art. 1.

(Modifiche all’articolo 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285)

1. Il comma 2 dell’articolo 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è sostituito dai seguenti:

«2. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente è da quindici giorni a tre mesi. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della patente è fino a due anni. Nel caso di omicidio colposo la sospensione è fino a quattro anni.

2-bis. La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente fino a quattro anni è diminuita fino a un terzo nel caso di applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale».

Art. 2.

(Elevazione delle pene edittali per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime)

1. Il secondo comma dell’articolo 589 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a cinque anni».
2. Il terzo comma dell’articolo 590 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni».

Art. 3.

(Disposizioni processuali)

1. Alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile.

Art. 4.

(Abbreviazione dei termini per le indagini preliminari e per la fissazione della
data del giudizio)

1. Dopo il comma 2-bis dell’articolo 406 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta».
2. All’articolo 416 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«2-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all’articolo 589, secondo comma, del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari».
3. Dopo il comma 3 dell’articolo 429 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«3-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all’articolo 589, secondo comma, del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni».
4. Dopo il comma 1 dell’articolo 552 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall’articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall’articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto».

Art. 5.

(Liquidazione anticipata di somme in caso di incidenti stradali)

1. All’articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Qualora gli aventi diritto non si trovino nello stato di bisogno di cui al primo comma, il giudice civile o penale, su richiesta del danneggiato, sentite le parti, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, con ordinanza immediatamente esecutiva provvede all’assegnazione, a carico di una o più delle parti civilmente responsabili, di una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza».

Art. 6.

(Obblighi del condannato)

1. Dopo l’articolo 224 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 224-bis. - (Obblighi del condannato). – 1. Nel pronunciare sentenza di condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo commesso con violazione delle norme del presente codice, il giudice può disporre altresì la sanzione amministrativa accessoria del lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a un mese nè superiore a sei mesi. In caso di recidiva, ai sensi dell’articolo 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre mesi.
3. Le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della giustizia con proprio decreto d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
4. L’attività è svolta nell’ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali.
5. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.
6. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 56 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274».

 

CODICE DELLA STRADA

Il Dlgs 2.2.2006 n.40 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.38 del 15.2.2006) introduce una novità: le sentenze del giudice di pace in materia di contravvenzioni stradali o infrazioni amministrative sono appellabili in tribunale.

Dal 2 marzo 2006 non sarà più possibile ricorrere direttamente in cassazione contro le sentenze dei giudici di pace in materia di contravvenzioni stradali o infrazioni amministrative.

 

Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento*
(Testo approvato definitivamente il 14 febbraio 2006)


Art. 1.

1. L'articolo 593 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 593. (Casi di appello). - 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.
2. L'imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di proscioglimento nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, se la nuova prova è decisiva. Qualora il giudice, in via preliminare, non disponga la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale dichiara con ordinanza l'inammissibilità dell'appello. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento le parti possono proporre ricorso per cassazione anche contro la sentenza di primo grado.
3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda».

Art. 2.
1. All'articolo 443 del codice di procedura penale, al comma 1, le parole: «, quando l'appello tende ad ottenere una diversa formula» sono soppresse.

Art. 3.
1. All'articolo 405 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di
archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini».


Art. 4.
1. L'articolo 428 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 428. - (Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere). - 1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per cassazione:
a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale;
b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso.

2. La persona offesa può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606.
3. Sull'impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127».


Art. 5.
1. All'articolo 533 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza».


Art. 6.
1. Al comma 1 dell'articolo 576 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole: «, con il mezzo previsto per il pubblico ministero,» sono soppresse;
b) al secondo periodo, le parole: «Con lo stesso mezzo e negli stessi casi può» sono sostituite dalle seguenti: «La parte civile può altresì».


Art. 7.
1. L'articolo 580 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 580. - (Conversione del ricorso in appello). - 1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello».


Art. 8.
1. Al comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2.»;
b) la lettera e) è sostituita dalla seguente:
«e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame».


Art. 9.
1. L'articolo 577 del codice di procedura penale è abrogato.
2. All'articolo 36, comma l, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, le parole: «e contro le sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa» sono soppresse.


Art. 10.
1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima.
2. L'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall'imputato o dal pubblico ministero prima della entrata in vigore della presente legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile.
3. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di inammissibilità di cui al comma 2 può essere proposto ricorso in Cassazione contro le sentenze di primo grado.
4. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche nel caso in cui sia annullata, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione.
5. Nei limiti delle modificazioni apportate dall'articolo 8 della presente legge possono essere presentati i motivi di cui all'articolo 585, comma 4, del codice di procedura penale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.


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* Bozza provvisoria. Testo in attesa di essere pubblicato in Gazzetta

 

Patto di famiglia

Approvato in via definitiva, dalla commissione Giustizia del Senato in sede deliberante, il disegno di legge riguardante "Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia".

Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia
Art. 1.

1. Al primo periodo dell’articolo 458 del codice civile sono premesse le seguenti parole: «Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,».

Art. 2.

1. Al libro II, titolo IV, del codice civile, dopo l’articolo 768 è aggiunto il seguente capo:

«Capo V-bis.

DEL PATTO DI FAMIGLIA

Art. 768-bis. - (Nozione). – È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

Art. 768-ter. - (Forma). – A pena di nullità il contratto deve essere concluso per atto pubblico.
Art. 768-quater. - (Partecipazione). – Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.

Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura.
I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purchè vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti.
Quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione.

Art. 768-quinquies. - (Vizi del consenso). – Il patto può essere impugnato dai partecipanti ai sensi degli articoli 1427 e seguenti.

L’azione si prescrive nel termine di un anno.

Art. 768-sexies. - (Rapporti con i terzi). – All’apertura della successione dell’imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell’articolo 768-quater, aumentata degli interessi legali.

L’inosservanza delle disposizioni del primo comma costituisce motivo di impugnazione ai sensi dell’articolo 768-quinquies.

Art. 768-septies. - (Scioglimento). – Il contratto può essere sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il patto di famiglia nei modi seguenti:
1) mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo;

2) mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio.

Art. 768-octies. - (Controversie). – Le controversie derivanti dalle disposizioni di cui al presente capo sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».

 

 

 

Famiglia

Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli

Testo approvato (bozza provvisoria)

Art. 1.

(Modifiche al codice civile)

1. L’articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».

2. Dopo l’articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:
«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.
Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.

Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.

Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.

Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».

Art. 2.

(Modifiche al codice di procedura civile)

1. Dopo il terzo comma dell’articolo 708 del codice di procedura civile, è aggiunto il seguente:

«Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento».
2. Dopo l’articolo 709-bis del codice di procedura civile, è inserito il seguente:
«Art. 709-ter. - (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni) – Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore.

A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».

Art. 3.

(Disposizioni penali)

1. In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898.

Art. 4.

(Disposizioni finali)

1. Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge.

2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

Art. 5.

(Disposizione finanziaria)

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Novità 2005

 

La fine delle clausole vessatorie

Le clausole favorevoli al contraente battono quelle vessatorie, nei contratti di assicurazione conclusi con la sottoscrizione di moduli o formulari prestampati.
Quando in un contratto compaiono clausole dubbie, la prima regola da applicare, secondo la sentenza n.19140/0205, è quella dell’interpretazione contro l’autore della clausola (articolo 1370, Codice civile):

La sentenza n.19140/2005 della Corte di Cassazione recita: ”In tema di contratti conclusi mediante moduli o formulari, la presenza nel modulo dell’approvazione specifica di una clausola vessatoria, regolarmente sottoscritta, e nel contempo di una clausola di richiamo dell’operatività di condizioni particolari, indicate nel libretto accluso alla polizza (contenente sia le condizioni denominate generali che quelle denominate particolari), fra le quali ultime vi sia una clausola derogatoria di esclusione dell’operatività della previsione della clausola vessatoria compresa fra le condizioni generali, determina una situazione di contrasto fra due clausole che dà luogo ad una questione interpretativa che non può essere risolta affermando che la volontà contrattuale effettiva delle parti è stata quella di volere l’operatività della clausola vessatoria e non quella derogatoria di esclusione della sua operatività, per il fatto che la sua specifica approvazione della prima evidenzia una maggiore attenzione del contraente debole dell’atto di prestare il consenso, atteso che siffatto criterio interpretativo non risponde ad alcuno dei principi dettati per l’interpretazione dei contratti.".

 

 

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Sentenza della Corte Costituzionale sull'infrazione stradale (patente a punti), n. 27/2005

 

Per le nuove immatricolazioni non serve il notaio

Grazie all’entrata in vigore della legge sulla competitività e, secondo quanto afferma una circolare esplicativa dell’Aci, per i veicoli nuovi che rientrano nella procedura prevista dal cosiddetto sportello telematico dell’automobilista (Sta), la dichiarazione di vendita notarile sottoscritta dal venditore, può essere sostituita da una semplice domanda di registrazione senza necessità di autentica della firma. Alla certificazione notarile dovranno ricorrere per l'immatricolazione tutti gli altri veicoli che non sono gestiti con il sistema informatico Sta.
(Circolare Aci n 6501/P-DSD 16.05.2005).

   
 

NAUTICA


Il 15.9.2005 entra in vigore il nuovo Codice per i diportisti
Giovedì 15 settembre 2005 è entrato in vigore il nuovo Codice del diporto (decreto legislativo 171, 18 luglio 2005). Messo a punto dalla direzione generale della Navigazione marittima e interna del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il nuovo Codice unifica tutte le norme che si occupano del diporto nautico, garantendo per la materia di ordine tecnico e specialistico una flessibilità della normativa.
Tra le novità sono da ricordare la semplificazione dei procedimenti di pubblicità, di iscrizione e di rilascio delle targhe di prova e l’abolizione del certificato d’uso del motore.

 

Multe autovelox valide senza foto


Le multe per la violazione dei limiti di velocità sono valide anche nei casi in cui manchi la prova fotografica perché lo strumento elettronico che rileva la velocità non la produce.
È questo il principio posto dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n.16563 del 5.8.2005.
La sentenza ha annullato, con rinvio, una pronuncia del giudice di pace di Genova che aveva accolto l’opposizione avanzata da un automobilista contro il verbale di accertamento della violazione del limite di velocità privo, per inidoneità dell’autovelox utilizzato, del riscontro fotografico, giudicando nullo tale accertamento.
Per i giudici della Corte di Cassazione, invece, “le apparecchiature debitamente omologate costituiscono fonti di prova per l’accertamento dei limiti della velocità”.
I giudici della Corte di Cassazione ci ricordano anche che il verbale con cui viene rilevata l’inflazione fa fede fino a querela di falso; il che costituisce un privilegio dell’atto pubblico
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